La verza o cavolo verza (Brassica oleracea var. sabauda L.), detta anche cavolo di Milano (o cavolo lombardo e cavolo di Savoia)[senza fonte], è una varietà di Brassica oleracea simile al cavolo cappuccio, ma a differenza di questo presenta foglie grinzose, increspate e con nervature prominenti.
Pianta biennale con radice fittonante non molto profonda, possiede fusto eretto, di lunghezza raramente superiore ai 30 centimetri. La palla, verde o rosso-violacea, non è molto compatta; le foglie interne sono bianco-giallastre. Viene coltivato in varie zone d’Italia ed è un ortaggio molto conosciuto.
Il suo utilizzo in cucina è diffuso in gran parte d’Europa e in molte regioni italiane, soprattutto previa cottura e per la preparazione di zuppe e minestre: particolarmente apprezzati sono il ris e verza cun custëini (risotto alla verza e costine di maiale, del Piacentino) e la zuppa ‘d pan e còj (zuppa di pane e cavoli verza) del Canavese. Nei secondi interviene, spesso in abbinamento a carne di maiale, in alcuni piatti caratteristici come i caponet piemontesi[2], i dolmades greci, il sarma della Romania, i Kohlrouladen dell’area germanica, i verzolini della cucina piacentina, le verze sofegae venete, il bottaggiomilanese e la nota cassoeula. Nella cucina valtellinese è utilizzata per la preparazione dei famosi pizzoccheri, tipo di pasta di grano saraceno, con aggiunta di patate a tocchetti, formaggio valtellina casera, grana grattugiato, aglio, burro e salvia. Infine anche la cucina olandese fa uso di una specie di verza nel suo piatto più noto, la boerenkool met worst.
Anche alcune preparazioni di sushi prevedono l’utilizzo di foglie di verza. Anche la verza si può consumare cruda, come si usa per il cappuccio, tagliata sottile e mista ad altre insalate con la differenza che il suo sapore è un po’ forte e non gradito a tutti.
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