Conosciuto in botanica come “Petroselinum Hortense”, il prezzemolo, deve la sua origine etimologica al nome greco: “petroselion sativum” (da petra – ”pietra”- e selinon – “sedano”) ovvero sedano che cresce sulle pietre – poiché pare che la pianta crescesse spontanea tra le rupi della Macedonia – e sativum “adatto ad essere coltivato”.
I libri di botanica indicano nei paesi dell’area orientale mediterranea il suo ambiente naturale originario, da cui si è diffuso in tutti i Paesi dell’Europa meridionale; secondo ricerche più recenti invece si pensa sia originario della Sardegna.
Il prezzemolo è noto fin dall’antichità non tanto per la sua importanza gastronomica, quanto per la sua valenza mistica e per le sue proprietà medicinali, spuccate come quelle di aglio e cipolla, mentre l’uso di questa erba diventò abituale in cucina soltanto a partire dall’epoca medievale.
Ha la qualità di attecchire come pianta semiselvatica nei prati e nei luoghi deserti e si dice che la sua diffusione sia stata favorita inizialmente dagli uccelli che ne sparpagliarono i semi.
Omero racconta che gli Achei lo davano ai cavalli, mentre la mitologia greca lo associa all’eroe Archemoro, araldo della morte, per cui spesso vi si adornavano le tombe dei defunti.
I Romani furono i primi ad utizzarlo in cucina, ma principalmente per togliere i cattivi odori e come antidoto contro le intossicazioni.
Considerato una pianta magica, il prezzemolo veniva usato dagli Etruschi nelle preparazioni farmaceutiche familiari, nei riti propiziatori ed era ingrediente principale di un unguento che “faceva miracoli. Una fra tutte? Questa popolazione di esperti apilcoltori, scoprì la sua potenzialità di lenire le punture di insetti. Neanche i Greci lo usavano nell’alimentazione, poiché lo ritenevano una pianta sacra: ne facevano ghirlande con cui ornarsi per i banchetti, lo intrecciavano nelle corone da offrire ai vincitori dei giochi dell’Istmo e vi decoravano le camere da letto.
Plinio ne cita le proprietà terapeutiche, Scribonio Largo nella sua opera “De compositione medicatorum” indica il prezzemolo come efficace rimedio per i calcoli renali; la Pharmacopoeia Londinensis elenca il prezzemolo tra le radici per eccellenza in grado di coadiuvare la digestione. In alcune regioni si usava – e forse ancora oggi – un unguento di prezzemolo e lumache pestate nel mortaio, per curare gli ascessi, la scrofolosi e combattere i pidocchi della testa; palline di foglie pestate con olio e sale venivano invece introdotte nell’orecchio, poiché si diceva avessero la virtù di calmare il mal di denti.
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